KEYNOTE SPEAKER

andrea provaglio

Agile Executive Coach

Massimo Messina

Head of Global ICT presso UniCredit S.p.A.

TALK SPEAKER

MATTEO VACCARI

Software Developer at ThoughtWorks

FELICE PESCATORE

Business Agility Consultant presso MySelf (as an independent consultant)

marco calzolari

Entrepreneur, Conversation Designer, Organization Philosopher

gaetano mazzanti

Senior Agile Coach at agile42, Senior Consultant at Gama-Tech

Marco Dussin

Ingegnere Informatico - CSPO® - UX Strateeg - Agile Consultant - UI Developer - Front(end) man - Agile brewmaster

WORKSHOP SPEAKER

GIOVANNI PULITI

Agile Coach at Agile Reloaded

MARCO TRINCARDI

Agile Coach at XPeppers

FABIO ARMANI

CTO presso Sequenza SpA

HOANG HUYNH

Head of Service and Experience Design at Exage S.p.A.

Alfredo Adamo

Executive and Startups Advisor

Raffaello Torraco

🔝 Agile and Innovation Coach 🚀 CEO @WholeXP

Manuele Forcucci

Service & Experience Designer presso Tangible

Marco Dussin

Ingegnere Informatico - CSPO® - UX Strateeg - Agile Consultant - UI Developer - Front(end) man - Agile brewmaster

Roberto Pezza

Digital HR & Organization Consultant | Design Thinking | Innovation Advisor | StartUp Mentor

WELCOME
ELVIO TASSO, GIOVANNI VAIA

La maggior parte delle iniziative di cambiamento falliscono.
Sono due le ragioni principali:

  • trascurare il peso e l’inerzia della cultura aziendale
  • l’illusione di poter raggiungere un punto di arrivo predefinito, lavorando solo sui processi e sull’organizzazione, magari copiando struttura e “pratiche” di altre aziende

Nella talk si esaminerà in breve il secondo punto ma il focus principale sarà sul primo.
La cultura di un’azienda non è definita dalle dichiarazioni di Missione e Valori, ma è definita dal comportamento e dai principi messi in pratica ogni giorno.
Purtroppo non è così scontato che il top management abbia una chiara comprensione della cultura aziendale.
Il primo passo è allora proprio capirla questa cultura.
Vedremo alcuni possibili modelli e framework utili nel raggiungere questo obiettivo con particolare attenzione al Competing Values Framework.
Una volta compreso il punto di partenza può iniziare il percorso di cambiamento, un percorso lungo e complesso.
Non è possibile installare una nuova cultura, non è possibile cambiare la testa delle persone facendole partecipare a un training.
E’ inevitabile allora che anche il cambiamento dei processi e dell’organizzazione avvenga in modo graduale e evolutivo, e che questa evoluzione sia fondata sull’allineamento e il coinvolgimento di tutte le persone.
Le parole chiave sono “sperimentare”, “imparare”, “adattare”.
Il punto d’arrivo, i processi, l’organizzazione non possono dunque essere definiti a priori, ma sono il risultato del percorso. Lo stesso vale per la cultura aziendale: il cambiamento è un risultato del percorso e non è predefinibile.
Vedremo quell sono i problemi tipici che si incontrano e una serie di spunti e idee per cercare di evitarli o superarli.

GAETANO MAZZANTI

Scaling agile è uno dei temi caldi del momento. In questo talk presenterò la mia esperienza diretta di consulente e coach agile coinvolto nella transizione verso Agile di alcuni progetti software di scala (molto) larga—comprendenti da circa 100 a circa 1300 programmatori e testers (senza contare managers, product owners e scrum masters).
Parlerò di cosa ha e cosa non ha funzionato (e del perchè metodologie come SAFe, DAD, ed altri framework agili per larga scala non siano sempre la soluzione migliore).

GIOVANNI ASPRONI

In questo talk vogliamo condividere l’esperienza di come si può organizzare la produzione secondo criteri industriali di scalabilità senza sacrificare l’esigenza di essere assolutamente innovativi. La progettazione e realizzazione di un prodotto, rivolto al mercato del fashion, innovativo per tecnologia e modello di business, ci ha portato ad applicare nuove soluzioni organizzative che sono risultate utili anche nel nostro modello di business abituale.

Nella prima parte dell’intervento David Bramini di WARDA racconta come, a seguito della decisione strategica aziendale di introdurre nel portafoglio delle soluzioni un prodotto innovativo con un nuovo modello di business (puro SaaS), ci sia stata una presa di coscienza della necessità di allineare diversamente le procedure di business con quelle della produzione.
Dopo una prima introduzione di pratiche e metodologie Agili in azienda svolta autonomamente da WARDA, dato il contesto ad alto livello di innovazione e di rischio, si è scelto di procedere con un progetto pilot (safe to fail experiment), con il supporto metodologico da parte di un coach specializzato, per valutare una modalità di lavoro più integrata tra il business e la produzione.
Il problema da affrontare è stato come, in un ambiente fortemente innovativo, andava gestito il fatto che la produzione era più veloce a proporre soluzioni di quanto il business potesse valutarne l’effetto.

Nella seconda parte Roberto Bettazzoni di Agile 42 racconta la stessa esperienza dal punto di vista del coach Agile.
Dopo un’assessment per valutare la situazione iniziale è stato definito il “safe to fail experiment” da realizzare che ha visto il perfezionamento di pratiche di produzione ed ingegneristiche Agili e di pratiche di Business quali le Strategy map, le Lean canvas e le Story map.
In chiusura saranno presentati i risultati del pilot visti dal’azienda e dal coach e di come questi saranno utilizzati per i progetti futuri.

DAVID BRAMINI, ROBERTO BETTAZZONI

Per anni abbiamo ottimizzato la parte sbagliata dello sviluppo software, risparmiando secondi, mentre interi mesi venivano sprecati facendo la cosa sbagliata. È il momento di cambiare.

Dalla raccolta dei requisiti all’implementazione. La distanza tra lo sviluppo tradizionale e quanto può essere ottenuto con strumenti non convenzionali, che aggirano i vincoli dettati dall’abitudine è abissale. Non facciamo più software come si faceva 10 anni fa, e ne siamo felici. EventStorming, Impact Mapping, CQRS ed EventSourcing portano a realizzare strumenti che meglio si adattano alla risoluzione di problemi reali.

ALBERTO BRANDOLINI

Una breve carrellata sui manager che ho incontrato nell’attività di coaching Agile per individuare le caratteristiche significative in un processo di cambiamento.

Un processo di cambiamento inizia grattando la vernice dei processi aziendali, scavando poi nella struttura, fino ad andare in profondità nella cultura aziendale.
I manager giocano evidentemente un ruolo fondamentale in questo processo.
Ci sono manager che cercano di adattare i nuovi modelli ai precedenti, altri che adattano i vecchi modelli ai nuovi, altri che dedicano una mezza giornata al cambiamento e poi non se ne occupano più, altri che si fanno paladini del cambiamento, altri che tirano e altri che spingono, altri che cambiano prima loro stessi.
Tra il serio e il faceto vedremo le caratteristiche di alcuni manager che ho realmente incontrato, individuando gli smell prima che sia troppo tardi.
Il quadro di riferimento è quello Agile in cui le persone (clienti, collaboratori, fornitori) e le loro interazioni hanno più valore dei processi e degli strumenti.

FABIO GHISLANDI

In questo talk racconterò com’è possibile fare oggi progetti in maniera agile all’interno di una Pubblica Amministrazione, e facendo un viaggio nel passato vi farò vedere come è cambiato il team i tool e il rapporto con il cliente nel corso di due anni, fino ad arrivare all’inizio dove tutto era waterfall.

Inizierò raccontandovi com’è fare i progetti in maniera Agile oggi dove lavoro e come tutto sia + semplice e + fluido.
Facendo un viaggio a ritroso nel tempo per condividere con Voi come il team, gli strumenti, gli stakeholders sono cambiati, in due anni nei progetti che ho seguito, fino ad arrivare a quando il cambiamento ha avuto inizio.
Come abbiamo dettagliato e normato il metodo Scrum per portare alla validazione un nostro progetto sotto audit del modello CMMI lev.3
Come l’Agile ci ha consentito di innovare e assieme a techiche di Design Thinking abbiamo migliorato ulteriormente l’esperienza per gli stakeholders dei nostri progetti. Non è un talk di teoria dove si parla dei principi dell’agile, ma è l’applicazione pratica della teoria in un contesto di una Pubblica Amministrazione basato sulla mia esperienza personale

MICHELE BUDRI
10:55 - 11:30
NO SILVER BULLET - DIVENTARE AGILI NON È BANALE, NÈ SCONTATO

Reality check sull’opportunità di rendere la propria organizzazione più agile, su cosa è necessario per farlo e sul ruolo (limitato) di pratiche e metodologie cosiddetti “Agile”

Per molte organizzazioni la capacità di esplorare nuovi mercati, rispondere tempestivamente alle esigenze emergenti dei clienti ed adattarsi in modo rapido al cambiamento sta sempre più diventando una necessità.
Per arrivare ad operare in questo modo è necessario sviluppare una serie di capabilities (comunicazione interna ed esterna, eccellenza tecnica, decentralizzazione delle decisioni, visione end to end del value stream, individuazione ed eliminazione dello spreco, apprendimento), che possono richiedere cambiamenti strutturali drastici a livello organizzativo.
Troppo spesso metodologie e pratiche agili sono interpretate come formule magiche, adatte ai casi più disparati, capaci di fornire queste capacità di esplorazione, apprendimento e rapido adattamento.
In questa sessione vorremmo proporre un approccio pragmatico all’adozione di metodi e pratiche agili in azienda, per il quale:
Si parta innanzitutto da una valutazione sull’appropriatezza di un approccio agile in funzione del tipo, mercato ed obiettivi dell’azienda;
Si identifichino punti di forza e di debolezza dell’azienda in termini delle capabilities necessarie;
Vengano decisi i punti di intervento prioritari;
Vengano sperimentate le soluzioni, metodi e pratiche più utili a sviluppare le capabilities individuate in modo mirato e consapevole, in funzione delle specificità della singola organizzazione.
Nel corso della presentazione cercheremo, con esempi ed aneddoti, di esplicitare i principi dietri a specifiche pratiche agili, allo scopo di evitare che diventino, pericolosamente, vuota cerimonia.

FRANCESCO DEGRASSI

Quando si parla di Agile si pensa al mondo dello sviluppo software. Ma se fosse il marketing a trarre beneficio da questo modo di lavorare?Ho fatto questo esperimento e funziona!Vieni a scoprire come

La comunicazione e il marketing, con i loro piani editoriali, le idee di creare storytelling e concept di prodotto che si basano sulle emozioni, sono attività i cui requisiti possono cambiare da un momento all’altro e soprattutto hanno una grande criticità: il time to market. O sei nel posto giusto al momento giusto o la tua campagna può diventare un fallimento. E’ stressante lavorare sempre con continui cambi di rotta se non li sai gestire in modo puntuale ed economico per la tua azienda. Da qui un esperimento che funziona: l’Agile Marketing! Davvero puoi creare sprint, gestire consegne nei tempi giusti, senza stress e con la soddisfazione di lavorare in gruppi di lavoro affiatati. Io l’ho fatto e i risultati sono buoni.

DEBORAH GHISOLFI

Le organizzazioni strutturate oggi, non tengono il passo di un mondo che cambia incessantemente. Il Business Triathlon (Lean Startup, Agile e Change Management) potrebbe essere la soluzione.

Sistemi, strutture e culture costruite nel secolo scorso, non sono più in grado di tenere il passo in un mondo, il nostro, che cambia a ritmi mai conosciuti prima. Le organizzazioni oggi competono in mercati globali i cui modelli di business mutano rapidamente spinti da nuovi paradigmi (Startup, share economy, 3d printing, ecc.).
L’imperativo è evolvere, rapidamente, incessantemente, in costante ascolto del mercato.
In che modo le aziende possono rimanere competitive, continuando da un lato a produrre risultati, e contemporaneamente cambiando se stesse, in mezzo a questa costante turbolenza?
Un modello che funziona è quello delle startup: organismi adattivi dalla nascita, snelli, abituati a cambiare rapidamente in base alle richieste del mercato e ai feedback dei loro utenti.
Aziende, quelle, le cui culture sono fortemente ancorate a metodologie Lean e Agile, i cui modelli di leadership sono collaborativi invece che direttivi, dove alla fragilità dell’iper-specializzazione dei silos funzionali è preferita l’AntiFragilità di team cross-funzionali.
Come è possibile applicare quei modelli a organizzazioni complesse come ad esempio banche, assicurazioni, telecomunicazioni, pubblica amministrazione?
In quei casi infatti ci troviamo di fronte ad aziende molto strutturate, gerarchiche e dipartimentalizzate, oggi fortemente in ritardo sul percorso del cambiamento, a causa della loro lentezza a innovare, modificando la propria cultura di riferimento per allinearsi ai tempi e alle nuove necessità.
In che modo, di fronte a sfide di quel calibro, è possibile iniettare paradigmi quali Lean Startup e Agile, accelerando l’assorbimento dei nuovi valori e principi nel DNA di quelle organizzazioni?
Quanto un approccio organico, sebbene leggero e adattivo, alla gestione del cambiamento, può favorire quel cambio culturale necessario?
Come far fronte agli intrinsechi timori, resistenze, dubbi e difficoltà che le persone devono affrontare quando sono chiamate a cambiare?
Questo speech fa un ironico ma centrato parallelismo tra Triathlon e le tre metodologie sotto riportate. Pone inoltre il punto su aspetti fondamentali quali Lean Startup e Agile, come strumenti utili a innovare, il primo, a rilasciare incrementalmente valore al mercato, riducendo time-to-market, il secondo, facendo leva sul Change Management (Kotter XLR8) come strumento per accelerare il cambiamento.

EMILIANO SOLDI

Quando parliamo di agilità, che cosa intendiamo veramente? Ci sono diversi livelli di ambizione. Conoscerli e scegliere quello adatto a noi è importante per ottenerne i benefici tanto reclamizzati

Quando parliamo di agilità, si sente dire tutto e il contrario di tutto. In questa sessione cerco di fare chiarezza, fornendo ai decisori un modello utile per orientare gli sforzi e le aspettative. Non c’è nessun intento moralistico: non voglio dire che tutti debbano puntare al livello più “alto”. Tutti i livelli hanno un loro senso ed è compito dei manager decidere quale perseguire. La mancanza di chiarezza comporta il forte rischio di delusioni. I livelli di ambizione di cui sto parlando sono quelli del modello “Agile Fluency” di James Shore (http://www.agilefluency.org/).
Semplificando molto, Al primo livello si introduce la pianificazione in termini di business, in stile Scrum. Al secondo livello si applicano le pratiche tecniche di Extreme Programming per consegnare il software quando il mercato è pronto per riceverlo. Al terzo livello si ottimizza il valore del software utilizzando tecniche simili a quelle di Lean Startup. Al quarto livello l’intera organizzazione si allinea all’obiettivo di fare profitti con i propri prodotti.
La spiegazione sarà basata sulle mie esperienze personali e sulla mia personale comprensione dell’argomento, basata sull’esperienza.

MATTEO VACCARI

Miti e tabù del management rendono arduo capire se un progetto è un “morto vivente”. Quali sintomi osservare? Quanto costa realmente “terminare” qualcosa? Il Design Thinking aiuta a superare il lutto?

Nella cultura aziendale contemporanea fortemente orientata al “can do”, un progetto fallito rappresenta a tutti gli effetti un lutto e raramente viene discusso ed elaborato con razionalità.
Molto spesso miti e tabù del management ci rendono ciechi di fronte alla realtà che un progetto ha perso la ragion d’essere, o si sta trasformando in un morto vivente… che può minacciare la sopravvivenza di tutto un gruppo di lavoro.

Quali segnali raccogliere per riconoscere i sintomi che anticipano la morte di un progetto? Esistono linguaggi e metodologie per gestire il trapasso di iniziative inutili e superare il lutto?
Quale è il costo di un progetto che viene lasciato vagare senza speranza? E quanto costa realmente “terminare” un progetto, per liberare spazio, tempo e risorse nel nostro portfolio? Esploreremo racconti, strategie e strumenti per poter includere nella cultura “can do” anche la necessaria opzione di chiudere serenamente un progetto.

MARCO CALZOLARI, GIUSEPPE MASSAROTTO

Proposta di una raccolta di tecniche rapide di design orientate all’utente e all’integrazione in un processo di sviluppo agile, basate su una serie di casi di studio in aziende IT

La presente proposta illustra i casi di studio che ho analizzato e in cui sono intervenuta durante il mio percorso di dottorato: sono progressivamente passata dall’identificazione delle criticità relative all’integrazione fra user-centred design ed Agile alla formulazione di un insieme curato di tecniche ispirate ad approcci di progettazione come user-centred design, Lean UX, design thinking. L’obiettivo è quello di fornire strumenti di design di rapida ed efficace adozione, ma soprattutto di coltivare nell’intera organizzazione una sensibilità nei confronti delle necessità degli utenti che consenta al team di sviluppo di perseguire più efficacemente i seguenti scopi:
rendere più efficiente e collaborativo il processo di design e sviluppo, orientando da subito la fase di progettazione verso gli effettivi obiettivi dell’utente;
migliorare la qualità del prodotto e le sue probabilità di accettazione;
fornire un maggiore valore aggiunto al cliente

SILVIA BORDIN
10:55 - 11:30
SCRUM E METODI AGILE IN UNA SOFTWARE FACTORY A TRAZIONE IBRIDA

Il talk presenterà le differenze nell’approccio ai progetti su commissione, a quelli “interni” e a quelli “open source” in una software factory a trazione “ibrida”

I “metodi agili” sono noti al mondo ormai da diversi anni; si incontrano ovunque entusiasti e detrattori, devoti e agnostici, e infine persone semplicemente dotate di buon senso. Il presente talk si rivolge a questi ultimi, e analizza vantaggi e problemi di un approccio agile in tre contesti differenti: software prodotto per uno specifico cliente, software ad uso e consumo interno, software open source. Si forniscono inoltre delle indicazioni experience-based su come adattare la metodologia per funzionare in tutti e tre i contesti con il minimo numero di variazioni.

DOMENICO BARRA

In questo talk scopriremo i fondamenti di Management 3.0 grazie al supporto di “Martie” che ci guiderà in una visione olistica delle complessita’ annesse alle moderne iniziative di business.

Gestire oggi una iniziativa di business è un’attività che richiede doti e capacità ben diverse da quelle del secolo scorso. Infatti, risulta ormai evidente che un modello fortemente incentrato sulla relazione causa/effetto non è in grado di supportare le sfide moderni, meglio inquadrabili in un contesto complesso che tenga conto di una visione olistica dell’organizzazione. Su questi presupposti si sviluppano le basi di Management 3.0, che estende ed amplifica l’approccio Agile e Lean al Management, considerando l’organizzazione un network di attori fortemente legati tra loro con relazioni che vanno al di là delle gerarchie formali.
In questo talk scopriremo i fondamenti di Management 3.0, grazie al supporto di “Martie” e delle sue sei viste sull’organizzazione.

FELICE PESCATORE

Nei 70’s il punk ha cambiato il mondo.In modo anarchico, irriverente, radicale. Nel 2007 due ragazzi e un cane iniziano a fare birra in Scozia con lo stesso stile. Oggi sono un caso di studio mondiale.


Businesses fail. Businesses die. Businesses fade into oblivion.
Revolutions never die.
So start a revolution, not a business.

James Watt, cofondatore di Brewdog, ha riassunto nel suo libro “Business for Punks” il distillato (ok, trattandosi di birra, sarebbe più corretto dire “il fermentato”) della sua esperienza, alla continua ricerca del miglioramento continuo e di prodotti unici, passando attraverso le campagne di crowdfunding e scelte radicali, controcorrente, ciniche e spericolate. Scelte che lo hanno portato in pochi anni di finanza e marketing anarcici ad essere degno rappresentante dell'”estemistan” del mondo birraio. La sua azienda conta oggi più di 500 dipendenti, clienti in oltre 50 paesi e 40 bar sparsi per il mondo, da San Paolo, Bologna, Firenze e Roma, sino a Tokio. Non sarà una talk per businessmen amanti della confort zone di un piano stilato dopo ore di ricerche di mercato. Sarà una talk come una fresca e luppolata Punk IPA. Se non l’avete mai bevuta, prima di decidere se questo talk fa per voi oppure no, datevene la possibilità.

MARCO DUSSIN

Design Thinking aggiunge cuore e cervello in un processo agile, aumentandone valore ed efficacia. Vedremo le sue fasi fondamentali, accompagnate dai suoi principi guida e spiegate con esempi reali.

Come si può innovare un prodotto? Che problema risolve di preciso? Rispondere a queste domande a colpi di brief, roadmap, requisiti, budget e processo non basta più, perché le soluzioni sono prestabilite su assunzioni, tendono a gonfiarsi di funzionalità o a omologarsi nei vincoli.
Il processo di Design Thinking aiuta ad affrontare i problemi con la mente aperta, ad esplorare opzioni guardandole da più punti di vista e a superarli con un approccio creativo, proiettato verso il futuro. Il ruolo del designer non è più solo quello di rendere usabile, funzionale e visivamente adeguato il prodotto, ma è anche quello di facilitare la collaborazione cross-team e l’esplorazione di soluzioni, presentando concetti e idee in modo tangibile e comprensibile da tutti le persone coinvolte nella sua realizzazione.

ILARIA MAURIC

Progetto grande, team grande. Ma come organizzarlo? In tanti team compatti che collaborano tra di loro! E come? Progetttando la piattaforma con uno stile a microservizi. Vedremo in che modo.

Il talk parte da una osservazione sui progetti che sto sviluppando: Agile Scaling significa prima di tutto Software Scaling.
Si parla spesso di come “scalare agile” e di quali siano le strategie migliori per dominare la complessità che comporta il moltiplicarsi dei canali di comunicazione di tante persone che lavorano sullo stesso progetto.
Molte soluzioni sono proposte ed adottate, a volte hanno successo a volte falliscono. Molti concordano che team organizzati a “strati” sono disfunzionali e alla lunga portano a conflitti e colli di bottiglia. Organizzarsi a Feature Teams, Spotify ne è un esempio, favorisce la semplificazione delle relazioni e un miglioramento di qualità e velocità di sviluppo.
Ma come? La risposta non è semplice e dipende da tanti fattori tra i quali: maturità del prodotto, cultura aziendale e competenza delle persone.
La soluzione che presenterò si basa sul principio che le persone si organizzano per lavorare al meglio sulla codebase che stanno creando. Il vero cambiamento culturale agile avviene quando questo si riflette sul codice. Cambiare tutta l’azienda e avere ancora il codice organizzato a silos è comunque inefficiente e alla lunga porterà nuovamente ad un’organizzazione a Silos 2.0 🙂
In questo talk vedremo come sia possibile favorire la riorganizzazione dei team adottando un pattern architetturale a microservizi con esempi pratici di team che hanno iniziato ad adottare questo approccio e si sono ri-organizzati in modo naturale.

GIULIO ROGGERO

Come estrarre la value proposition al cliente a sua insaputa 🙂

Abbiamo utilizzato tecniche collaborative come Empathy Map e BMC per fare emergere la value proposition. In parallelo, sfruttando l’analisi SEO abbiamo identificato comportamenti, criticità e metriche.
Il cliente è stato coinvolto in ogni fase: strategia, concept, user story mapping, fino alla co-realizzazione del sito.

MASSIMO AZZOLINI, IRENE CAPATTI
10:55 - 12.55
MAI UNA GIOIA: RICONOSCERE E GESTIRE IL DEBITO TECNICO DI UX

Perchè quello che progettiamo viene percepito dagli utenti in modo diverso? Questa differenza fra il percepito e l’implementato è il debito di UX. Impareremo cos’è, come riconoscerlo e come gestirlo.

Il debito tecnico è un indice fondamentale per determinare lo stato di salute di un progetto software e ci aiuta a valutare i rischi a cui siamo esposti nelle sue future evoluzioni.
Perchè quello che progettiamo viene spesso percepito dagli utenti in modo differente?
La differenza di esperienza, fra il percepito e l’implementato è il famigerato debito tecnico di UX (UX Debt)
Il debito tecnico UX è l’indicatore fondamentale di quanto ci stiamo discostando dall’esperienza che intendiamo progettare a quello che viene percepito dagli utenti attraverso il prodotto o servizio finale e le sue evoluzioni.
E’ un fattore importantissimo che deve essere tenuto a mente in ogni progetto che abbia una componente UX, ma per essere compreso e gestito, deve essere innanzitutto riconosciuto.
Come tutte le incognite di progetto, sottovalutarlo pone grandi rischi alla manutenibilità di quello che creiamo.
In queste due ore, impareremo che cos’e’, come riconoscerlo nelle sue varie forme e come gestirlo trasformandolo in una variabile controllata di progetto.

HOANG HUYNH, MANUELE FORCUCCI
10:55 - 12.55
LEGO4BUSINESS

Costruire una città con vincoli di costi e infrastrutture, seguendo due processi differenti: iterativo/incrementale, a fasi. Obiettivo vendere case al miglior prezzo. Cosa scopriremo dal confronto?

Abstract
Lego4Business è una simulazione di un progetto. Verrà costruita una città, con vincoli di costi e infrastrutture e con l’obbiettivo di vendere le case ad un acquirente. I partecipanti vengono suddivisi in due tipologie di team: il primo seguirà un processo iterativo ed incrementale, mentre il secondo seguirà un processo a fasi. Al termine della simulazione i team si confronteranno su temi che saranno proposti dal facilitatore (es: monitoraggio costi, soddisfazione cliente, impatto delle modifiche…) e su temi che emergeranno dai partecipanti.

A chi è rivolto
Questo gioco è stato pensato per Manager che vogliono approcciare un processo iterativo ed incrementale e capire le differenze rispetto ad un processo tradizionale; anche Product Owner, Scrum Master, Agile Coach e persone del team possono trovarlo utile.

Limitazioni
Teoricamente non ci sono limitazioni al numero di partecipanti, basta avere Lego a sufficienza! Il numero minimo di partecipanti è 8, il numero ideale è 20 per un facilitatore, il massimo con cui l’ho fatto è 32 ed eravamo in due.

Obbiettivo
Spiegare le differenze di processo, economiche, e di rapporto con il business tra uno sviluppo iterativo incrementale e uno sviluppo a fasi.

Descrizione
Due team devono costruire una città e vendere le case ad un compratore. Oltre alle case i team dovranno costruire delle infrastrutture necessarie per dare valore alle case.
Entrambi i team hanno dei vincoli di budget che limitano la quantità di infrastrutture che possono costruire. Le infrastrutture sono solo costo, non possono essere vendute.
Il costo delle case è compreso nel costo del team.
I due team usano due processi diversi: Il primo team seguirà un processo iterativo e costruirà la città per incrementi, il secondo team seguirà un processo a fasi e costruirà tutta la città in un’unica volta.
Per ogni team ci sarà un compratore che acquisterà le case. Anche il compratore ha un suo budget.
Obiettivo per il compratore: spendere al meglio il proprio budget
Obiettivo per il team: massimizzare il guadagno (revenue – costi)
Il team iterativo avrà a disposizione 4 iterazioni da 13 minuti
Il team a fasi avrà a disposizione 15min di analisi e 30 di realizzazione.
Dopo 25 minuti ci sarà un primo cambiamento normativo
Dopo 40 minuti ci sarà un secondo cambiamento normativo che comporterà un costo di infrastruttura in più.

Attività finali
Far disegnare un grafico che riporta sulla ascisse il tempo, sulle ordinate il costo e il guadagno cumulato. Dove le due curve si incontrano è il momento del break – even.
Far calcolare il lead time ai due team (richiesta -> vendita)
Quale dei due gruppi ha dato i risultati migliori?
Chi ha soddisfatto maggiormente il cliente?
Il costo delle modifiche come è stato gestito e che impatto ha avuto?

MARCO TRINCARDI
10:55 - 12.55
IMPACT MAPPING WORKSHOP

Proponiamo un Impact Mapping Workshop in cui faremo sperimentare l’importanza della focalizzazione su WHY, WHO e WHAT ovvero sull’impatto di un prodotto al di la del semplice Outcome

Proponiamo un Impact Mapping Workshop (ovvero la tecnica ideata da Gojko Adzic e promossa anche nello User Story Mapping di J. Patton) in cui faremo sperimentare l’importanza della focalizzazione su WHY, WHO e WHAT ovvero sull’impatto di un prodotto al di la del semplice Outcome.

Come dice l’autore stesso “Impact mapping can help you build products and deliver projects that make an impact, not just ship software.”

Vorremo condividere con i partecipanti la nostra esperienza sul campo che va dall’ideazione di prodotti alla validazione di Mission Test (anche nella ri-organizzaizone e/o costituzione di aziende ed organizzazioni).

Il workshop (principalmente coinvolgente e divertente) prevede diverse tecniche interattive (forse anche utilizzo del LEGO) e creative proprie del Design Thinking.

FABIO ARMANI, RAFFAELLO TORRACO
14:55 - 16.55
COME CREARE UNA ORGANIZZAZIONE ANTIFRAGILE IN 7 PASSI

Un sistema antifragile è tale se riesce a migliorare in contesti dominati dall’incertezza. Come possiamo misurare il livello di antifragilità di una organizzazione?

Essere antifragili è una caratteristica importante per creare organizzazioni che sappiano, non solo resistere alle perturbazioni esterne, ma anche avvantaggiarsi in un contesto di stress. Un sistema antifragile è tale se riesce a migliorare in contesti dominati dall’incertezza. Essere antifragili è un concetto alla base dell’agilità. Lo scorso anno ho portato in un paio di conferenze italiane il mio talk dedicato al concetto di Antifragilità prendendo spunto dal Il libro di Taleb (Antifragile). Successivamente ho lavorato per capire quale sia il modo migliore per rendere antifragile una organizzazione intervenendo da vari punti di vista: la vision, il prodotto, il team e gli stakeholder, i contratti. Dopo un anno di esperienze sul campo ho raccolto una serie di strumenti, tecniche e pattern operativi.
Grazie a questo lavoro ho potuto mettere a punto un workshop basato sulle tecniche di serious gaming in cui i partecipanti si sfideranno per creare la miglior organizzazione antifragile del panorama IT. Il workshop prevede una divertente introduzione fatta di video e immagini in cui si parla dei concetti fondamentali dell’antifragilità.

GIOVANNI PULITI
14:55 - 16.55
IGITAL COLLISION APPLICATO AL MONDO DELLE SELF-DRIVING CAR: SPERIMENTA PERCORSO E STRUMENTI DI BUSINESS REDESIGN PER LIBERARE L’INNOVAZIONE

Il business delle self-driving car è l’ambito di gioco del workshop, che ti fa sperimentare un processo di business redesign e innovazione con tool di Lean Innovation, Design Thinking e Tech-Litheracy

Il primo incidente mortale della Tesla ha rilanciato la discussione intorno alle self-driving car, non solo dal punto di vista tecnologico. E’ un ottimo esempio che dimostra l’impatto del digitale, in grado di liberare il potenziale innovativo non solo sul prodotto, ma anche sul business, sui suoi confini e sulle sue regole.
Utilizzando alcuni strumenti di Agile, Lean Innovation e Design Thinking, il workshop ha l’obiettivo di dare la possibilità ai team di esprimere il loro potenziale innovativo lavorando contemporaneamente sulle dimensioni del business, delle tecnologiche e del sistema. L’approccio sistemico e multidisciplinare è favorito dal metodo di lavoro proposto.

ROBERTO PEZZA, MARCO DUSSIN
14:55 - 16.55
ADOPTING AGILE STARTUP THINKING TO BUILD AN INNOVATIVE ENTERPRISE

Si parlerà di come, il modo di affrontare l’avventura da parte di una Startup possa essere utile alle Imprese tradizionali, per portare Innovazione all’interno e renderla un vantaggio competitivo

Il workshop è organizzato in una prima mezz’ora di presentazione degli argomenti e successivi 50 minuti per esercitazioni da parte dei partecipanti divisi in gruppi: 30 minuti per l’esercitazione e 20 minuti per presentare i contenuti.

ALFREDO ADAMO

PLATINUM SPONSOR

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Mario greco
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