Video promo ABD20 Virtual Edition

Quale momento se non quello particolare vissuto negli ultimi periodi è quello giusto per essere “Agile“?

Lo scorso 18 /04 abbiamo organizzato la nostra prima conferenza online cercando di proporre un format quanto più interattivo possibile per evitare che gli ospiti si annoiassero e sentissero un eccessiva nostalgia del contatto umano. Proprio per questo motivo abbiamo chiesto ai partecipanti alla conferenza di condividere con noi quelle che sono state:

  • le sensazioni
  • e impressioni

in merito all’esperienza vissuta online con noi lo scorso aprile.

Abbiamo riscontrato un pò di scetticismo in merito, agli eventi online. A tal proposito chi si è reso disponibile ha realizzato un video dove  racconta la sua esperienza durante l’Agile People Day, Visto che la conferenza di Settembre sarà anch’essa virtuale, abbiamo pensato che questo materiale vi potesse essere utile per decidere se partecipare ad uno dei nostri eventi online.

 

Anche noi preferiamo gli eventi fisici a Venezia, ma per questo 2020 purtroppo va cosi.

Ecco i video dei partecipanti

  • Stefania Stefani
  • Neolaureata in Economia e Gestione delle Aziende | Università Ca’​ Foscari Venezia

  • Diego Conte
  • Program Manager presso Studio Samo | Marketing-Communication-Coordination | AgilePM & ICAgile Certified

Agile People Day 2020 – Virtual Edition

Il 18 Aprile 2020 si è svolta l’edizione virtuale di Agile People Day 2020.

  • Se vuoi scaricare il PDF delle immagini presenti in questo articolo, clicca qui.
  • Se vuoi vedere i VIDEO della conferenza, clicca qui. (è richiesto un contributo di 4,99€ per 6 mesi dalla pubblicazione, poi saranno resi pubblici)
    • I partecipanti alla conferenza hanno ricevuto una mail per accedere gratuitamente alla visione dei video

 

Come essere agili al tempo del COVID-19 se non creando una nuova esperienza di conferenza Agile.

Viviamo tutti un periodo di innumerevoli ore passate al PC per cercare di coordinare le attività lavorative.Il fatto di partecipare ad una conferenza on line sottintende un ulteriore sforzo di attenzione.In questo scenario è facile cadere nel banale, proponendo cioè una serie di talk o webinar (chiamateli come volete!) messi in fila uno dietro l’altro. Il risultato sarebbe una scontata noia e un crescente “leave meeting” da parte dei partecipanti.

Per chi ingegnerizza un evento del genere l’elemento trascinante deve essere la migliore esperienza possibile che si vuole dare all’utente. Quali sono gli ingredienti?

Sicuramente uno degli elementi fondamentali è il contenuto dei talk. Questo è una sicurezza nel set di risorse di Agile Business Day. La selezione degli speaker e dei loro talk è sempre stata un elemento di successo delle passate conferenze.

Un altro fattore fondamentale è la capacità di fare arrivare la notizia dell’evento alle persone dentro e fuori al network che segue questo tipo di conferenze. Il network di Agile Business Day si sta espandendo anche grazie all’iniziativa di questa conferenza con la quale si è voluto dare dignità all’argomento People, elemento ormai al centro del cambiamento nelle aziende.

Poi fondamentale è la fiducia che ogni volta i partecipanti ripongono nei servizi che ABD eroga.

L’elemento che completa il tutto è la cornice in cui la conferenza avviene e le possibilità di interazione che se ne ottiene. Credo che nessuno di noi andrebbe volentieri ad una conferenza fatta in un parcheggio.

Diciamo che sarebbe un pò come assaporare un ottimo filetto in buona compagnia in un piatto di plastica in un capannone.

L’elemento che completa e rende uniche le esperienze delle passate conferenze è stata proprio l’organizzazione e la possibilità di interazione in un ambiente cool.

Ma come ricrearlo nella situazione odierna…di isolamento sociale fisico imposto dalle circostanze? Vista la situazione sarebbe probabilmente giustificabile proporre il filetto in un piatto di plastica..

Certo, il minimo è comunque dare una possibilità di interazione tra i partecipanti e le modalità sono molteplici come sappiamo. Ormai tra social e strumenti di meeting le modalità non mancano.

Ma come creare la location?

Summary

Sabato mattina ore 9:30, chi si è collegato per la conferenza, seguendo anche le indicazioni della guida sugli strumenti ha fatto probabilmente 3 azioni.  La prima è stata collegarsi alla conferenza attraverso il link zoom personalizzato ricevuto all’acquisto del biglietto. Un’ altra è stata quella di accedere allo strumento che permetteva di fare domande nei previsti momenti di Q&A.

 

 

 

 

 

 

 

Infine c’è stata quella di accedere alla board di Mirò. Immagino nella testa di molti partecipanti la domanda..ma cosa sarà mai, bah un’altro strumento e commenti simili. E una volta dentro invece eccola la location:

Partecipanti che si muovono a sinistra e a destra per recarsi nelle varie aree; un incessante brulicare di cursori (riportanti il nome dei partecipanti) ansiosi di scoprire le zone di questo nuovo ambiente

La prima azione è quella di andare sulla mappa messa a disposizione per inserire la propria foto nella posizione geografica da cui si assiste alla conferenza. E li vedi amici conosciuti e puoi inserire un saluto all’interno dell’icona dei commenti che ognuno di noi ha messo vicino alla propria foto.

Un pò alla volta la cartina si popola di foto. Ogni tanto qualcuno sposta innarvetitamente la mappa dalla dashboard ma poi qualcuno sistema. Il risultato è che qualche foto finisce in mare o in Croazia con battute varie dei propri amici.

Dall’iniziativa di alcuni dei partecipanti nascono nel frattempo aree a tema nelle quali postare le proprie foto a seconda dell’argomento: chi con gli occhiali da sole, chi col suo miglio sorriso, chi in outfit da covid giusto per sdramatizzare un po’. Dal nulla nasce persino un area “Ci siamo persi, aiutateci”, come in un vero evento affollato

 

 

Approssimativamente al  centro della board della board il programma fatto di slide una sotto l’altra. Ed anche li ad un certo punto prende forza l’iniziativa permessa da questo tipo di strumenti: alcune persone nello spirito dell’iniziativa cominciano a collegare i propri appunti e riflessioni alle slide

In questo incessante spostarsi non si può non notatre anche l’area degli stand degli sponsor; avete capito bene la sensazione è proprio quella di essere trasportati in un mondo quasi fieristico, esperienza completata e arricchita anche dai percorsi creati da ognuno di loro; a rifinire il tutto gli appuntamenti schedulati nelle loro room create per l’interazione con i partecipanti.

Nell’area più a destra della board le fantastiche mind map create in tempo reale da Giulia Comba che aiutano a consolidare le storie appena narrate dagli speaker .

Infine al centro il piano dei talk e la possibilità di lasciare il proprio commento o faccina nella colonna corrispondente al talk, l’area dei feedback.  L’immagine di come è stata riempita dalle persone che si sono precipitate a utilizzare notes ed emoticons ogni fine talk basterebbe da sola per far capire come anche quest’area abbia riscosso un enorme successo.

Cosa dire…sembrava di essere in un videogioco con una mappa che si trasformava e veniva calpestata da tutti i partecipanti con infinite possibilità di interazione e tante opportunità per sfruttare la propria creatività…

Un gradino più in agilità del solito….questa volta senza salti..….. 😜😮

Conferenza

Welcome & Open Conference

La conferenza è iniziata in perfetto orario, alle 9.40 con il benvenuto tenuto da Michele Budri, che ha spiegato ai partecipanti da dove è partita l’idea di organizzare Agile People Day. Di seguito un riassunto di quanto spiegato.

Agilità Vitale – Antonio di Stefano e Ilaria Buccioni

La conferenza è iniziata con Antonio e Ilaria, entrambi sono due Peopleriser  di lunga esperienza e ci ha proposta una diversa lettura di un percorso Agile. Dal titolo AGILITA’ VITALE.

La petroliera questa volta non possiamo riverniciarla; metafora che rappresenta le sensazioni venute fuori in questo periodo insolito ed imprevedibile che la nostra società sta vivendo.
Come avranno reagito le nostre aziende? Quali saranno stati i tempi e le difficoltà riscontrate per cercare di essere agili e trasformare in maniera imprevista e del tutto insolita le loro organizzazioni, i loro metodi e i loro approcci?

Questo momento storico evidenzia un aspetto cruciale; ci vogliono sistemi più liberi, veloci e resilienti per quanto riguarda la struttura e la cultura organizzativa.

Le società sono ancora molto legate al modello piramidale guidato dal paradigma “Predicted and control” che purtroppo in questo momento non funziona ma c’è bisogno di sperimentazioni, di making-sense e risposte quindi, il paradigma che sta emergendo è quello “Prob , Making-sense e Respond”. Mentre, per quanto riguarda la cultura organizzativa in questo periodo, sta emergendo una grande propensione al cambiamento.

Questo salto di paradigma è un salto nell’unknown, come può essere accompagnata  un’azienda in un processo di cambiamento verso l’ignoto?
C’è da considerare che stiamo svolgendo un viaggio verso l’ignoto quindi non sapremo dove arriveremo e quale sarà il nostro percorso. Come ogni tipo di cambiamento all’inizio ci sarà paura e scetticismo nell’affrontarlo ma, proprio li che tireremo fuori una componente fondamentale per l’evoluzione di questo percorso: la leadership.

Durante l’attraversamento di una fase di trasformazione c’è un elemento risultato fondamentale: l’accudimento dell’acquisizione di senso. Quest’ultima ci permette di rendere il viaggio vitale e di articolarlo verso quella direzione che non ha una meta prefissata ma è consapevole del fatto che ci sia un viaggio da fare. La sfida dell’agilità potrebbe essere proprio questa: non configurare un momento di arrivo come obbiettivo ma, configurarsi come un punto di partenza in un viaggio in cui questo “non conosciuto (unknow)” viene in qualche modo accudito.

L’agile è un punto di partenza, accompagnatore in questo viaggio sconosciuto durante il quale si deve trovare il coraggio di non incastrare e incastonare in dei perimetri delicati quali possono essere le forme dei modelli e dei metodi che stanno prendendo che metaforicamente rappresentano un pò la punta dell’iceberg. Ma bisogna andare a fondo, analizzare quello che c’è nella profondità come i meccanismi dei comportamenti, la struttura delle organizzazioni, i modelli mentali e la vision del futuro. Questi elementi rappresentano la parte fondamentale dell’iceberg, la parte che gli permette di stare a galla ma sono elementi che possono sfuggire durante questo processo.

Per trasformare in modo profondo i meccanismi di comportamento, di struttura per arrivare agli obiettivi si business prefissati va svolto un lavoro in profondità; più lavoro sulla visione/porpuse come e con che orizzonte voglio affrontare il mondo, più lavoro su mindset più sulla struttura, man mano che faccio questo lavoro dal profondo io ottengo lavori trasformativi importanti.

 

Link citazioni:

Appunti presi dai partecipanti durante il talk e condivisi sulla board Miro

Monica Bormetti – Distraction Hacking

E’ seguito il 2^ intervento con  Monicapsicologa e fondatrice di Smarbreak, con cui promuove un uso consapevole della tecnologia. Ci ha parlato di come usare il mindset agile per gestire le distrazioni digitali, dal titolo DISTRACTION HACKING.

 

Perche ci distraiamo?

Tutto ciò che ci capita e le funzioni che mettiamo in atto in quanto esseri umani hanno un obbiettivo.

Ci distraiamo per sopravvivere, la nostra distrazione sta nel cervello più primitivo quindi in qualche modo nel sistema limbico, sono delle parti celebrali che hanno molto a che vedere con i nostri istinti e con la nostra sopravvivenza. Può essere identificato come un meccanismo, quello del distogliere l’attenzione, da quello che sto facendo in questo preciso momento per agganciarla ad altro ed è un meccanismo di sopravvivenza.

Quando siamo distratti scegliamo l’opzione più veloce e più banale. Perchè parte del loro carico cognitivo è occupato nella memorizzazione delle informazioni.
La fase in cui riusciamo a liberare la mente è anche la condizione in cui riusciamo a sviluppare un pensiero creativo.

Ma dove troviamo la concentrazione?

Il cervello è un muscolo e in quanto tale, modificherà la sua struttura nel corso del tempo in risposta all’esperienza.

Il muscolo in questione è suddiviso in 3 piccoli cervelli:

  1. Cervello primitivo
  2. Cervello intermedio
  3. Cervello superiore

che possiamo riassumere come: istinto, cuore e mente.

Possiamo quindi dedurre che l’attenzione si trova nel cervello superiore mentre nel primitivo, troviamo gli stimoli che ci portano a reagire e a distrarci.

Come possiamo gestire le distrazioni?

Come ogni cosa, anche le strategie che enunceremo inseguito vanno applicate al contesto; non sono da considerare come delle prescrizioni vere e proprie.

  1. Agire sul contesto che ci circonda: cercando di minimizzare o eliminare per quanto possibile le distrazioni esterne;
  2. Gestione delle notifiche : eliminare tutte le notifiche o lasciare solo quelle che reputiamo necessarie;
  3. Gestione della mail: decidere di leggere le mail in maniera scaglionata e predefinita durante la giornata;
  4. Definire tempi e luoghi offline: andare a lavorare sui momenti in cui ci si sente meno distratti;
  5. Ritmi ultradiani : proposta di gestione dei propri tempi e delle proprie pause. Abbiamo degli slot di 90min circa in cui possiamo lavorare in modo proficuo ma poi abbiamo bisogno di 20min di pausa, cerchiamo di organizzare le nostre giornate in questo modo;
  6. Agire su di sè (Mindfulness): Rinforzare la mia capacità di essere concentrato
  7. Tracciare cosa si fa: Osserviamoci e andiamo ad individuare quali sono gli stimoli che mi distraggono, tieni anche un diario
  8. Introdurre nuove routine, procedure: Routine che ci concentrano che ci contengano e permettano di non disperdere. Seguendo in modo attento le procedure che vogliamo mettere in atto.
  9. Deep reading: leggere in modo profondo e attento.  Leggere in modo concentrato è una di quelle attività che allena la nostra mente ad essere concentrata.
  10. Esercizio fisico: lavorare sulla propria salute fisica

Link citazioni

 

Appunti presi dai partecipanti e condivisi sulla board Miro:

Karim Riccardi e Nicola Lamberti – La crisi permanente

Il 3^ intervento è stato tenuto da due tra i fondatori di 7Pixel Karim e Nicola che ci hanno parlato di un modo di fare azienda che metta al centro l’uomo, dalla pratica alla teorizzazione e ritorno. Dal titolo LA CRISI PERMANENTE.

 

Due dei founder di 7pixel ci hanno proiettato in un racconto di vita aziendale da “sogno”: una realtà nella quale l’attenzione totale è volta alla massimizzazione del benessere di tutti e non meramente al benessere personale.

La storia della nascita e diffusione di una collaborazione spontanea tra persone per migliorare un ambiente comune fa da padrona in questo speach.

Per arrivare a una definizione, però,  di quali siano  ad oggi i valori fondanti dell’azienda è stato chiesto agli attori coinvolti nella vita aziendale quali fossero i più percepiti e effettivamnete condivisi come pilastri portanti dell’azienda.

E’ emerso che 5 sono i valori fondamentali:

  • Sostenibilità→ intesa come ossatura vera e propria dell’azienda con particolare attenzione allì’intero ecosistema organizzarivo-aziendale.
  • Attenzione→ intesa come attenzione alle difficoltà non solo dal punto di vista professionali, ma anche umane che un individuo può riscontrare in un particolare momento della sua vita.
  • Collaborazione→ intesa come metterer a disposizione degli altri la propria conoscenza e le proprie skills, senza alcuna forma di egoismo o puro interesse personale.
  • Passione→  soltanto chi ama ciò che sta facendo può creare un valore aggiunto visibile all’esterno dell’azienda.
  • Responsabilità → oguno è in un ruolo e ne risponde secondo le responsabilità annesse a quel determinato ruolo/progetto.

Diverse sono le modalità di riorganizzazione aziendale: fote di ispirazione è il libro “reiventing organizations”, in cui i colori fanno da componente distintiva delle differenti organizzazioni.

Al vertice della piramide vi è la realtà aziendale “teal“, colore della foglia del tè, in cui vige il livello massimo di aspirazione al consenso, al self – organization e alla capacità di adattamento ai cambiamenti. Purtroppo, anche nell’organizzazioni più evolute sebbene ci siano tali aspirazioni si mantiene una struttura gerarchica e tutto ciò effettivamente crea uno scompenso tra la realtà e la condivisione di questi modelli.

Comunemente l’errore che si commette nelle realtà aziendali è legato al un concetto di interezza della persona, l’individuo viene concepito e visto nella sua figura di lavoratore nel ruolo assegnatogli, trascurando aspetti significativi. Egli entra in un ruolo e non lo vive. Il concetto di wholeness è essenziale e in azienda si tendono, invece, a nascondere parti più profonda di sè, mostrando tendenzialmente parti maggiormente apprezzate: la mascolinità e una forte componente razionale.

La chiave sembrerebbe essere tutt’altra: essere sè stessi in azienda.

7 pixel ha adottato il modello Holacracy in cui il potere viene distribuito per ruoli bene definiti e dove per ruolo si intende il raggiungimento di un obiettivo. In questo modello  la tensione è il carburante dell’organizzazione e la crisi che ad oggi assue una connotazione negativa, viene letta nella sua etimologia e considerazione di scelta che volente o nolente si è chiamati a fare.


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Appunti presi dai partecipanti e condivisi sulla board Miro:

Andrea Provaglio – Storie e miti di Agile Leadership

La mattinata si è conclusa con Andrea Provaglio, che da molti anni affianca Aziende e Organizzazioni a ripensare le proprie dinamiche organizzative, la loro struttura e mentalità. Ci ha dato alcuni spunti sulla leadership, per chiarire meglio cosa significa in contesti agili, dal titolo STORIE E MITI DI AGILE LEADERSHIP.

Un talk estremamente interessante che va a mettere in rapporto il Management con la Leadership nel periodo storico dove si parla e dove si sente spesso parlare di Agilità

Durante le prime fasi un sondaggio che ci fa iniziare con un sorriso: in questi giorni di internamento è un topic molto comune tra tutti noi, clienti, fornitori, consulenti e conoscenti ora che le attività da remoto si stanno moltiplicando.

“Chi ha guidato la trasformazione digitale della tua azienda?”

  • CEO
  • CTO
  • COVID-19 (grande sorriso)
  • Nessuna delle precedenti

Agile Leadership, partendo dal suo significato riassunto in:

  • Agile, la capacità di adattarsi o adattività
  • Leadership, come intersezione tra intento (inteso come quello che desidero per il domani) e la consapevolezza di quanto conosco ora (mercato, collaboratori ecc)

In un sistema di produzione, all’incremento delle linee, delle persone, aumenta anche la complessità: all’aumento di questa e quindi dei problemi da gestire la normale reazione di un’azienda è quella di aggiungere un manager specialistico il quale a sua volta dovrà coordinarsi con altre persone; non per nulla in questo periodo si inizia a parlare della FASE 2 del covid-19 dove nelle aziende verranno inseriti dei “Covid Manager”

Management non è Leadership, tutt’altro i manager han dei riporti mentre i leader persone che li vogliono seguire.

Grace hopper diceva: “You manage things, you lead people”. Il nostro secolo è caratterizzato da un folto numero di beni smaterializzati, prodotti dell’intelletto: l’importanza quindi della skill delle persone e della collaborazione tra di esse, le strutture gerarchiche non sono la soluzione a questa complessità. L’atto di leadership può essere dei singoli individui, non di un superiore gerarchico.

Nel percorso Andrea è andato a toccare i Miti sulla leadership in cui si è imbattuto nel corso degli anni

  • “Insegniamo la leadership”!: un leadership team probabilmente formato da manager ma la leadership non è fare in modo che le persone facciano quel che si vuole
  • Mindfulness – Awareness: essere presenti, ma non concentrandosi sul monitoraggio
  • Copy & Paste: ogni azienda ha le proprie caratteristiche, non esiste una formula unica
  • Teal: “la verde foglia di tè”

Nelle organizzazioni i punti più in alto vanno a influenzare e determinare quelli di livello inferiore nella scala

  • Who
  • Why
  • How
  • What
  • When / Where

Se fai leadership ti occupi dei valori più in altro nella scala dei bisogni di Maslow: questo però talvolta complica la possibilità di riuscire a vedere il manager come una figura a servizio di quello che si vuole realizzare

Fare leadership in un contesto agile significa costruire assieme un ecosistema che ci permetta di essere resilienti ed adattivi a servizio di ciò che vogliamo realizzare.

In chiusura alcuni consigli, per guidarci nel nostro obiettivo…

  • Cerchiamo di essere coerenti con i principi agili!
  • Sfuffare i vari miti che incontriamo
  • Chiedersi cosa si può fare per raggiungere il nostro obiettivo

… e un piacevole regalo che spero i vari partecipanti abbiano colto: “4 slot di sessioni online con Andrea”


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Appunti presi dai partecipanti e condivisi sulla board Miro:

Stefano Lucantoni e Dimitri Favre – Game design for People Managers

Siamo ripartiti il pomeriggio con Stefano e Dimitri, entrambi Agile and transformation coach, che ci hanno parlato di design organizzativo, traendo spunti dalla gestione del fallimento nel game design, dal titolo GAME DESIGN FOR PEOPLE MANAGERS.

 

Un talk sicuramente diverso, non si è parlato di gamification, ma di come portare nelle aziende principi e approcci che vengono da un altro mondo, quello del gaming.

Sui vari aspetti, si inizia considerando principalmente il “Fallimento”. Fin dalla nostra età ci viene insegnato che sbagliando si impara, le nostre esperienze sono basate sull’esperienza e gli errori. Nelle aziende il fallimento non è affatto ben visto
Nei giochi il fallimento è quasi cercato, come elemento di tensione importante per tenere l’attenzione. Ci sono due aspetti fondamentali

  • Detection: percezione, nel gioco banale (il classico “game over” e il “relativo insert coin” )
  • Reaction: il modo in cui i sistema reagisce per cambiare la strategia.

Come riportiamo quindi questo in un contesto aziendale

La detection nelle aziende porta dietro a un problema di sicurezza psicologica visto che spesso sono associati alla colpa. C’è uno spettro molto ampio di tipologia di ragioni a cui fa capo il fallimento

La reazione invece è come l’azienda reagisce. Normalmente nei videogiochi si cerca una nuova strategia soprattutto incentrata sul “Dare respiro”

  • Tempo: Ad esempio nei videogiochi quando si perde la vita allora si aspetta prima di farti tornare a giocare. Nelle aziende a volte si fa qualcosa di simile per i problemi in ambienti di produzione: quando la filiera devops introduce troppi problemi in automatico vengono bloccati per tot tempo i deploy
  • Supporto: nei videogiochi qualche oggetto aggiuntivo dopo il primo fallimento, nelle azienda magari supporto di esperti o formazione
  • Flusso: nei videogiochi si riparte da poco prima così da riconfigurare la propria strategia, nel mendo del lavoro è molto simile all’approccio incrementale

Nel libro “Reality is broken – can we fix it?!” si spiega come nel mondo dei giochi sia possibile creare situazioni dove poter aumentare le performance delle persone e dei gruppi, nella realtà invece è diversa.

Il fallimento esiste, partendo da questo presupposto ci sono alcuni principi e pratiche utili prese dal gamedesign

  • Accettarlo, fa parte del gioco (wink)
  • Ridurre il costo
  • Avere obiettivi chiari e realizzabili
  • Trasparenza: nei giochi tutto è trasparente. Applicarla nell’azienda aiuta a capire meglio i fattori di rischio
  • Team cross-funzionali, nei giochi multiruolo collaborativi, ogni persona ha ruoli specifici e i team si autoorganizzano per poter prendersi l’impegno di portare a compimento la missione
  • Lean startup mindset. Si deve sperimentare, nei giochi come nelle organizzazioni. Le community dei videogiocatori ne sono un esempio, le organizzazioni su slack o altri strumenti
  • Feedback
  • Meccanismi per dilatare i tempi

Ma cosa abbiamo oltre al fallimento?

  • Motivazione
  • Engagement
  • Obiettivi
  • Sistemi di Reward
  • Design dei Ruoli
  • Presenza e Cultura

In chiusura alcune domande interessanti tra queste, “come far si che le persone prendano dei rischi senza paura del fallimento?”

  • Psychological safety: far si che le persone si mettano in gioco, non come un costo ma come mancato guadagno
  • Dare obiettivi raggiungibili ma sempre con difficoltà più alta.
  • Stare attenti a non far diventare il gioco competitivo al posta del collaborativo!

Un’ottima partita giocata dai nostri speaker


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Appunti presi dai partecipanti e condivisi sulla board Miro:

Luca Mascaro e Sarah Corti – Future is for people not persona

Il pomeriggio si è concluso con il  talk  di Luca e Sara, entrambi due membri di Sketchin di cui Luca è stato il fondatore nel 2006 e invece Sara è una delle Design Director. Oggi ci hanno parlato di come lavorare con processi Agili è stimolante e bellissimo, dal titolo FUTURE IS FOR PEOPLE NOT PERSONA.

 

Luca e Sara ci hanno parlato del quotidiano e di come Sketchin abbia affrontato il passaggio dalle personas alle persone.

Lavorare con processi Agili è stimolante e bellissimo. Ma cosa succede quando osserviamo più da vicino le singole persone che lavorano con noi nel team?
Cosa succede quando si passa dalle personas alle persone?
La verità è che pur seguendo tutti le stese pratiche, non siamo tutti uguali.

Quindi come si possono armonizzare i principi agili con le esigenze del team?

  • come tutelare la privacy dando comunque informazione ai colleghi
  • come far passare determinati messaggi o concetti rispettando la privacy

Sketchin è una organizzazione piatta articolata in 2 categorie:

  • value creation team
  • service support team

Negli anni hanno implementato un metodo, ruoli, responsabilità e dinamiche. Obiettivo dello speech è presentarci questa realtà mettendo in evidenza le criticità che sono state gestite e che probabilmente si possono ripresentare in altre aziende che attraversano un percorso di cambiamento organizzativo.

I valori Aziendali:

  • Meaningfullness
  • Openness
  • Indipendence
  • Courage
  • Trust
  • Impermanence
  • Practice
  • Excellence

Sketchin si è trovata a sperimentare il cambiamento e a percepire alcune distorsioni passando dalla teoria alla pratica.
Quali sono i punti su cui porre un occhio di riguardo?

1) VITA PERSONALE & PRIVACY
Nonostante la cultura di openness, ci sono dei casi più delicati da gestire come le info sensibili e talvolta non divulgabili, ad esempio maternità, malattie, problemi personali.

2) VITA DI TEAM
Nel caso di Sketchin, il team è un microcosmo di 7 persone non permanenti, in modo da favorire la contaminazione ed evitare la demotivazione. Il movimento del team è fattore sicuramente positivo. Tuttavia ci sono casi in cui bisogna tenere in conto anche malcontenti interpersonali che possano compromettere l’umore e perfino la performance nel team e possono dopendere da relazioni extra-lavorative, aspettative e fiducia nel singolo.

3) ORGANIZZAZIONE
Come si premia il talento in un’organizzazione piatta ? Non c’è una regola, se si considera poi un’azienda multinazionale, la regolamentazione è molto differente. Per ovviare a questo problema, può essere considerata l’evoluzione di un ruolo, la premiazione della leadership e dell’impegno.

4) CRESCITA
Bisogna riconoscere che ci sono persone che non hanno interesse a far crescere l’organizzazione e la cultura aziendale ma solo a farne parte.

5) PROGETTI
In Sketchin ogni settimana si effettua una cerimonia di pull in cui si cerca di far scegliere un progetto al team, assecondando la propensione delle singole persone. Questo evita di portare le persone a fare ciò che non si senteno di fare (spesso anche per questione di etica).

Nonostante la mancanza di regole precise, in questo percorso Sketchin ha appreso 5 lezioni:

  • Promuovere un processo continuo di regolazione, organizzazione e deleghe
  • Bisogno di introdurre una cultura dell’impermanenza
  • Arbitraggio della leadership: politica della trasparenza vs privacy
  • Elasticità nei confronti di esigenze delle persone distribuita tuttavia con criteri ponderati
  • Premiazione dell’iniziativa personale assecondando tavoli di lavoro spontanei

Insomma, seguire un percorso di organizzazione agile richiede una cura particolare, però porta con sè sicuramente molti vantaggi.


Appunti presi dai partecipanti e condivisi sulla board Miro:

Panel

Alcune delle domande inserite dai partecipanti, durante i vari talk, sono state affrontate da tutti gli speaker in un panel.

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Saluti e chiusura finale

Grazie

Certificazioni Scrum, quale scegliere? Un po’ di chiarezza

Certificazioni Scrum, quale scegliere? Un po’ di chiarezza.

Scrum è indubbiamente il metodo Agile più diffuso, e si sta gradualmente diffondendo anche in Italia. Per questo motivo, il ruolo dello Scrum Master, tipico del metodo Scrum, sta diventando sempre più richiesto dalle aziende di tutti i tipi. Trovare Scrum Master con molta esperienza non è facile, e conseguentemente sempre più persone guardano con interesse a questa nuova professione, generando un’ampia richiesta di formazione e credenziali  professionali. La domanda che viene frequentemente posta è: quale certificazione Scrum scegliere? Questo articolo intende far chiarezza riportando una visione storica imparziale di Scrum e degli attori che hanno contribuito, in modo da permettere a chiunque di orientarsi nella scelta.

La storia di Scrum

Tutto inizia nel 1993, quando Jeff Sutherland, mentre lavorava come Vice President alla Easel Corporation, iniziò a sperimentare un nuovo modo per organizzare i suoi gruppi di sviluppo  software. (Link 1)

Egli prese spunto da un paper pubblicato su Harvard Business Review da due studiosi Giapponesi, Takeuchi e Nonaka, intitolato “The New New Product Development Game” (Link 2).

In questo paper, ancora oggi disponibile online, si osservavano dei gruppi di sviluppo prodotto che utilizzavano metodi diversi. Alcuni avevano una distinzione chiara tra le fasi di sviluppo. Altri avevano una sorta di sovrapposizione, tra cui il metodo utilizzato in Honda che aveva le fasi di sviluppo ampiamente sovrapposte, chiamato talvolta a “sashimi”. Questo metodo di Project Management fu denominato nel paper dai due ricercatori con la parola “Scrum”, alludendo come metafora alla mischia del Rugby.

I gruppi di Sutherland, quindi, ispirati dal metodo a mischia descritto nel paper, operavano in iterazioni di un mese con fasi di sviluppo (analisi, design, sviluppo, test, ecc) ampiamente sovrapposte realizzando di fatto quello che oggi chiamiamo sviluppo incrementale.

Inoltre, i team di Sutherland si incontravano ogni giorno per un breve meeting di 15 minuti in cui si allineavano e pianificavano il lavoro residuo, idea derivata da un paper, in cui James Coplien descriveva il metodo di lavoro in uso nel gruppo Borland Quattro Pro.

La caratteristica del Development Team di essere auto-organizzato, invece, deriva dalla teoria dei sistemi adattivi complessi, in particolar modo dall’implementazione di iRobot del Prof. Rodney Brooks. Questa architettura ispirò Sutherland ad usare in Scrum poche regole semplici in modo abilitare il team a trovare da solo il modo più produttivo per lavorare.

I team di Sutherland lavoravano con il motto “Demo or Die”, ovvero l’idea di mostrare qualcosa di funzionante al termine di ogni iterazione, pratica molto in voga in quel periodo nei vari gruppi universitari ed aziende ospitate al MIT Media Lab di Boston, ove si trovavano anche gli uffici di Sutherland.

Tutto questo avvenne tra il 1993 ed il 1994, ed i risultati eccellenti riscontrati nel prodotto sviluppato in quel modo spinse Sutherland ad iniziare a parlarne all’esterno della sua organizzazione. (Link 3)

Nel 1995 Jeff Sutherland raccolse l’interesse per questo suo nuovo processo di sviluppo di due persone chiave: Mike Beedle e Ken Schwaber.

Durante quell’anno Ken Schwaber collaborò con Jeff Sutherland chiarificando e descrivendo il processo in una maniera che fosse pubblicabile, e lo presentarono assieme in occasione della conferenza OOPSLA ’95.

Mike Beedle implementò Scrum per primo in un’azienda ove non lavorassero Sutherland e Schwaber. Egli inoltre si interessò al lavoro di James Coplien sui Pattern Organizzativi ed iniziò un lavoro di catalogazione e descrizione di quelli introdotti dal metodo Scrum. Questo suo impegno culminò nel 1998 con la pubblicazione del primo Paper, intitolato “SCRUM: An extension pattern language for hyperproductive software development”. Assieme a Mike Beedle appaiono co-autori Martine Devos, Yonat Sharon, Ken Schwaber e Jeff Sutherland (Link 4)

Nel 2001 si incontrarono a Snowbird, Utah, diciassette guru dell’informatica, tra cui Jeff Sutherland, Ken Schwaber e Mike Beedle ed in quella occasione fu redatto il Manifesto Agile (Link 5).

Sempre nel 2001 fu fondata Scrum Alliance da Ken Schwaber e Mike Cohn, una no-profit con l’obbiettivo di di divulgare ed insegnare Scrum. Oggi risulta essere l’organizzazione Scrum più estesa, con oltre 750.000 aderenti (Link 6).

Nel 2002 Ken Schwaber e Mike Beedle pubblicarono il primo libro su Scrum, intitolato “Agile Software Development with Scrum” (Prentice Hall).

Nel 2004 si tennero i primi due Scrum Gathering, il primo in Aprile a Vienna, mentre il secondo in Ottobre a Boulder (Colorado). In quel secondo appuntamento fu deciso che l’evento si sarebbe svolto ogni sei mesi in location alternate tra Europa e gli Stati Uniti. Al secondo Scrum Gathering erano presenti noti autori tra cui, oltre a Ken Schwaber, troviamo Esther Derby, Mike Cohn, Linda Rising e Ron Jeffries. (Link 7)

Nel 2004 Ken Schwaber pubblicò il libro “Agile Project Management with Scrum” (Microsoft Press) e nel 2007, sempre per Microsoft Press, il libro “The Enterprise and Scrum”.

Nel 2009 Ken Schwaber lasciò ScrumAlliance, in polemica con il management di allora, e fondò Scrum.org come organismo internazionale per l’educazione e la certificazione di Scrum, in pieno contrasto con Scrum Alliance. Non entriamo nei dettagli del divorzio dato che ancora oggi è possibile trovare, con una semplice ricerca, numerosi articoli a riguardo.

Nel 2010 Jeff Sutherland e Ken Schwaber pubblicano la Scrum Guide (Link 8), rilasciata con licenza Creative Commons, creando di fatto la definizione di riferimento di Scrum (Link 9). Questo permise alle tre organizzazioni del momento (Scrum Inc, l’azienda di Sutherland, Scrum.org, l’organizzazione di Schwaber e Scrum Alliance) di avere una definizione unica e condivisa del metodo Scrum. Da segnalare, infatti, che il divorzio di Ken da Scrum Alliance non cambiò il rapporto con Jeff, che è proseguito fino ad oggi nel lavoro di mantenimento della Scrum Guide.

Sempre nel 2010, James Coplien, assieme a Jeff Sutherland, Mike Beedle e Neil Harrison, crearono lo ScrumPLOP (Link 10), una community volta a creare un supporto di letteratura sui Design Pattern di Scrum. (Link 11)

Nel 2012 Jeff Sutherland e Ken Schwaber pubblicano assieme il libro “Software in 30 Days: How Agile Managers Beat the Odds, Delight Their Customers, and Leave Competitors in the Dust”.

Nel 2014 Jeff Sutherland, assieme al figlio JJ Sutherland, pubblicarono “Scrum: The Art of Doing Twice the Work in Half the Time” (Crown Business), libro che registrò record di vendita ed ad oggi è il libro Scrum più venduto al mondo (Link 12).

Il 23 Marzo 2018, Mike Beedle è stato assassinato in un tentativo di rapina a Chicago, all’età di soli 55 anni. Gli autori di questo articolo vogliono rendere merito ad un uomo che ha contributo enormemente a Scrum e che invece viene spesso omesso nella lista dei padri del metodo.

Nel 2019, dopo 10 anni di ricerche e contributi di una ampissima comunità di volontari, Jeff Sutherland e James Coplien finalmente pubblicano il libro degli Scrum Patterns, con il titolo “a Scrum Book” (Pragmatic Bookshelf) coronando il sogno di Mike Beedle, a cui il libro è dedicato. (Link 13)

Certificazioni Scrum

Scrum Alliance

Si tratta di una organizzazione no-profit con sede a Westminster, Colorado. Prevede tre percorsi Scrum Master, Product Owner e Developer e più livelli. La denominazione usata per il primo livello è Certified Scrum Master, Certified Scrum Product Owner e Certified Scrum Developer. Il materiale utilizzato nei corsi è sviluppato dal trainer stesso, e si attiene a dei Learning Objective pubblicati sul sito di Scrum Alliance (Link 14). I dettagli dei percorsi di Scrum Alliance sono disponibili a questo indirizzo: Link 15

ScrumInc

Si tratta dell’azienda fondata a Boston nel 2006 da Jeff Sutherland. Per lungo tempo si è occupata di aiutare le aziende nel processo di trasformazione, ed offriva nei corsi pubblici le certificazioni di Scrum Alliance. Nel 2019 ha avviato il programma Licensed Scrum che offre un livello di certificazione per Scrum Master e Product Owner. La denominazione usata per le certificazioni è Licensed Scrum Master e Licensed Product Owner. Il materiale nei corsi è stato sviluppato da Jeff Sutherland in modo da garantire una uniformità sul contenuto didattico. Ai trainer è concesso di personalizzare il materiale attenendosi però ai Learning Objective forniti. I dettagli dei corsi di Scrum Inc sono disponibili a questo indirizzo: Link 16

Scrum Org

Si tratta dell’organizzazione creata nel 2009 da Ken Schwaber. Oltre ai percorsi per Scrum Master, Product Owner e Scrum Developer ed altre come Scaling (dettagli più avanti), Leadership ed integrazione con Kanban. La denominazione usata per le certificazioni Scrum è Professional Scrum Master, Professional Product Owner e Professional Scrum Developer. Il materiale dei corsi è stato sviluppato da Ken Schwaber e viene fornito dall’organizzazione in modo da garantire una uniformità sul contenuto didattico (Link 17). I dettagli dei corsi di Scrum.org sono disponibili a questo indirizzo: Link 18

Altri enti di certificazione

Cercando in rete appaiono altri organismi di certificazione Scrum con denominazioni diverse da quelle sopra descritte. Questi enti non sono collegati in alcun modo a Jeff Sutherland e Ken Schwaber, per cui possono sorgere dubbi sull’aderenza del materiale didattico con il pensiero degli autori di Scrum.

Certificazioni di Scaling Scrum

Le regole della Scrum Guide parlando di un team singolo che usi Scrum. Le aziende però hanno spesso necessità di avere numerosi team Scrum che lavorino assieme allo stesso prodotto. Questo ha portato alla nascita di metodi del cosiddetto “scaling”, ovvero scenari in cui Scrum viene esteso su molteplici team.

Scrum Org

L’organizzazione di Schwaber propone un metodo di scaling chiamato Nexus. La certificazione ad esso collegata è denominata Scaled Professional Scrum. Ulteriori dettagli sono disponibili all’indirizzo: Link 19

Scrum Inc

In partnership con Scrum Alliance, propone il metodo ideato da Jeff Sutherland e chiamato Scrum@Scale. La certificazione ad esso collegata è denominata Certified Scrum@Scale Practitioner. Ulteriori dettagli sono disponibili all’indirizzo: Link 20

Scrum Alliance

I metodi che Scrum Alliance propone sono due: Scrum@Scale e LeSS (Link 21). Il primo, appunto, è in partnership con Scrum Inc, mentre il secondo è stato ideato da Craig Larman e Bas Vodde. Le certificazioni sul metodo LeSS sono denominate Certified LeSS Basics, Certified LeSS for Executives e Certified LeSS Practitioner. Ulteriori dettagli su LeSS è possibile consultare l’indirizzo: https://less.works/